Nella foresta di Elmwood la vita stava esplodendo da sotto la neve in macchie di marroni e verdi dalle mille tonalità.
Grunwald l’orbo si voltò attirato da qualcosa e guardò oltre i vapori del suo respiro, soffermandosi appoggiato al suo arco.
Con un tonfo sordo posò sulla veranda della sua casa le lepri che aveva cacciato e allungò lo sguardo ergendosi in tutta la sua enorme altezza.
Sotto i suoi folti baffi bianchi cominciò a nascondersi un sorriso.
Entrò e preparò una tisana d’erbe.
-Vieni avanti, mia adoratissima amica - Disse pochi minuti dopo ad alta voce senza voltarsi, mentre versava la tisana in due tazze di legno.
La porta socchiusa si aprì lentamente ed una figura avvolta in un candido mantello scivolo dentro appoggiata ad un lungo bastone coperto di rune.
Mi stupisci sempre, Grun, come sapevi che stavo arrivando?- Domandò mentre una folta chioma di capelli neri le scendeva sulle spalle, liberata dal cappuccio . Lui si voltò sorridendo e porse la tazza alla donna senza parlare.
Lei raccolse il recipiente con tutte e due le mani, confortandosi del calore che emanava e sorseggiò lentamente.
Per qualche minuto ci fu un placido e rilassato silenzio e i due sorbirono la bevanda sedendo l’uno di fronte all’altro.
Dove sono i miei ragazzi?-chiese lei, soffiando lentamente sui vapori dell’infuso
Nella foresta, Enid, come quasi sempre... – Rispose Grunwald con un tono rassegnato ed ironico – loro sono troppo assorti nelle loro passioni per aver notato il tuo arrivo.-
Mh, ecco il difetto di affidare i tuoi figli ad un ranger! Non dovrebbero studiare, invece di giocare con gli animali?- incalzò lei, fingendo di essere stizzita. Grun scosse la testa con un espressione di divertita disapprovazione.
C’è altro oltre che la carta nel mondo, sai? I tuoi ragazzi studiano, lo fanno ogni giorno – Affermò indicando una libreria stracolma di volumi – Ma le loro attitudini vanno anche oltre... anzi, a proposito di questo aspettavo una tua visita per parlarti:- La donna allungò le braccia sul tavolo per farsi più vicina e guardò il ranger con rinnovata attenzione dei suoi grandi occhi verdi, aspettando che continuasse.
Abbiamo visto mille avventure assieme e quando mi hai chiesto di accudire i tuoi figli e di aiutarti a crescerli lontani dai problemi della loro condizione di mezzosangue e più seguiti di quanto non avessero permesso i tuoi incarichi presso il Consiglio, ho onorato la nostra amicizia con piacere. Ma il nostro accordo prevedeva che restassero qui fino a che non fossero stati abbastanza grandi da badare a se stessi.
Bene, credo che sia arrivato il momento che prendano le loro strade.-
Ma sono troppo giovani, Grun, ed io...- Intervenne Enid.
Lascia che ti spieghi- La interruppe il ranger – Credo che da questo momento educare i tuoi figli sia fuori della mia portata: Vedi questo bauletto? Ecco, qui Jarel, tuo figlio, tiene i suoi scritti: prende appunti e fa disegni su tutto quello che vede...- Enid lo guardò con un espressione di ovvietà - Beh? Direi che è normale...- disse la maga
È chiuso...- Continuò Grun facendo pressione sul coperchio come per aprirlo.
Sono ragazzi, Grun, ma hanno diritto ai loro spazi personali...- rispose lei
È chiuso ma non ha ne lucchetti ne serrature...Enid!!!- Esclamò il ranger concitatamente.
Enid tacque.
-Non ho finito: sai chi è nella foresta con il tuoi ragazzi?! Un branco di lupi neri!!! –
Enid trasalì.
– Ma non ti preoccupare, - Continuò il ranger – Tua figlia è il loro capobranco.-
- Capisco...- Disse Enid con aria preoccupata.
Il volto di Grun si fece vicino a quello della donna.
- Il fratello mi ha confidato in segreto che Jael ha un amico “albero” nel profondo del bosco, ci parla, ogni tanto... e lui le insegna delle cose...pensi anche tu quello che penso io? – disse, abbassando la voce.
- I druidi l’hanno notata – Annui la maga.
- Penso che sia giunto il momento per Jarel di venire con te e continuare seriamente i suoi studi, e per Jael di affrontare la sua natura-
- Credo che non ci sia alternativa. Prenderò con me Jarel e cercherò questo “amico albero” di mia figlia per capire con chi ha a che fare...-
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Il sole era alto sulla radura e da lontano Enid vide Jarel accovacciato sotto un albero, con in mano un pezzo di carbone appuntito ed una pergamena, indicare un grande corvo alla sorella.
Jael annuì e con un gesto aggraziato della mano chiamò l’uccello, che si posò sul suo polso.
Il ragazzo allungo la mano verso le ali del volatile, ma la ritrasse, ammonito dal suo becco minaccioso, finché la sorella non calmò l’animale carezzandolo, ed egli potè osservarne la forma delle piume per disegnarle.
Tutto intorno a loro, i lupi stava giocando o riposandosi, come se i due mezzelfi fossero parte del branco.
Era incredibile quanto fossero simili, nonostante fossero maschio e femmina.
-Jael, Jarel, aex tha mirieth! Eova!- Gridò Enid Brightblade in Silvanesti – Mane aex elvin…-
Gli sguardi dei gemelli si incontrarono per qualche secondo, poi i due scattarono di corsa su per la collina, seguiti dai lupi.
Jael, più veloce del fratello, abbracciò la madre con un salto, mandadola quasi a terra; il giovane mezzelfo fermò la sua corsa ed esitò cercando l’attenzione della madre, che subito lo tirò a se.
Allora, miei cari... avete fatto amicizia, vedo - Disse indicando i lupi, che stavano tutto attorno con la voce rotta leggermente dall’apprensione.
- È Jael: lei attira tutte le bestie del bosco, chissà perché... – disse Jarel in tono ironico. Lei lo squadrò con uno sguardo di biasimo – Non c’è niente di male ad essere un animale... scribacchino rachitico! – rispose.
Bene, smettetela di mordervi e statemi a sentire: - Li interruppe la maga, prendendoli per mano e invitandoli a sedere su delle grosse pietre. Si sedettero incrociando le gambe e scrutando la madre con la stessa, identica espressione perplessa, mentre i loro lunghi capelli rossi fiammeggiavano al sole.
Jarel, ti piacerebbe studiare nelle biblioteche della capitale? –
Certo che mi piacerebbe!- rispose il ragazzo con gli occhi che brillavano - Grun mi ha detto che ci sono pareti alte dieci uomini coperte di libri e che i sacerdoti di Gilean ti guidano trai corridoi seguendo il filo di un gomitolo, come in un labirinto. –
Enid sorrise – Sì, mio caro... è quasi così... –
Ti immagini, Jael? Andremo alla capitale! – esclamo il ragazzo. La mezzelfa fece per rispondere qualcosa, con un’espressione perplessa sul volto, ma la madre la interruppe
Jael non verrà con noi, ragazzo mio... – Jarel assunse di colpo un aria di disappunto e girò lo sguardo, prima verso la sorella, e poi di nuovo verso la madre.
Perché non... ? Allora io... ma perché? Io non me ne vado senza Jael! – affermò il ragazzo con un aria al tempo stesso confusa e sicura, quasi parlando a se stesso.
Jael, - chiese la madre senza curarsi di lui – Dimmi dove incontri il tuo amico albero... – Jael si voltò furiosa verso il fratello, che alzò le spalle come a discolparsi, poi si rivolse alla madre. – a sud, oltre il cerchio di pietre: c’è un frassino gigante con degli strani segni sopra... –
Bene, andrò da lui – Disse la madre incamminandosi.
Ma, madre... – Cerco di intervenire la ragazza – Non credo... – Ma Enid compì un agile gesto nell’aria ed una porta di luce la lasciò passare per un luogo ignoto.
Jarel sbarrò gli occhi pieno di stupore e di ammirazione e restò attonito i pochi secondi che permisero alla sorella di distanziarlo in corsa di parecchi metri, poi la segui.
Andarono a sud, verso il luogo descritto alla madre e, dopo pochi minuti di cammino, scorsero qualcosa di inquietante: in quella direzione, le nubi si stavano addensando, scure e minacciose ed un vento tremendo cominciò a soffiare.
Di colpo diversi fulmini squarciarono il plumbeo colore dell’aria, con un fragore spaventoso.
I gemelli esitarono sulla sommità di un collina, osservando la tempesta, poi, improvvisamente, i lupi che li accerchiavano ulularono tutti insieme e si lanciarno in corsa nella direzione del grande albero.
Jael, temendo per la vita della madre, fece per scattare, ma il fratello la fermo, tendendola per un braccio.
No! – gli disse con aria sicura – Non interferire: Nostra madre sa quello che fa. -
Guardava il cielo sopra la foresta, cogliendo segni che Jael non poteva vedere ed il suo viso battuto dalla pioggia sembrava tranquillo.
Dopo qualche minuto, così come era venuta, la tempesta si placò ed il sole tornò a splendere.
Poco dopo la figura di Enid comparve da dietro gli alberi, circondata dai lupi: le sue vesti erano lacere e bruciate ed i capelli scarmigliati, ma sorrideva.
- Il Druido ti terrà con sè – disse in silvanesti, rivolta alla ragazza. – Da lui sarai istruita . Tu invece verrai con me alla capitale e sarai allievo di Tobras Finn, e della sua scuola -
I gemelli si tenevano stretti per mano e tremavano di emozione e di paura, molte furono le lacrime versate da entrambi al momento della separazione, ma il destino li chiamava a strade diverse.
- Questa è sempre casa tua, Jarel – disse Grunwald, asciugandosi i baffi dalle lacrime che scendevano copiose – torna qui quando vuoi –
E Jarel lo fece spesso nel periodo che seguì: quando aveva qualche giorno di riposo dai suoi studi si recava sovente nella “sua” foresta a trovare la sorella e lei altrettanto spesso lo svegliava, nella notte, tirando sassi alla finestra della minuscola casetta in centro che la madre gli aveva procurato.
Jael non vide mai il druido e non ne seppe mai il nome: le parlava attraverso gli alberi, le insegnava i segreti della natura e lei lo chiamava semplicemente Maestro Frassino. A lui sembrava piacere.
Jarel invece imparò subito ad apprezzare gli agi e la socialità viziosa della vita cittadina: Tramite la scuola di Tobras Finn, un Vesti Rosse che dedicava parte del suo tempo ad istruire i delfini di famiglie del consiglio, egli conobbe alcuni coetanei e ragazzi più giovani che lo istruirono su alcune cose “importanti” come le locande cittadine e l’uso della pipa, abitudine che nonostante il disappunto di Madama Enid, divenne un vizio inestinguibile.
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