sabato 16 febbraio 2008

Figli di Mishakal

Un vento leggero e profumato di fiori faceva suonare i campanelli appesi alle finestre nelle celle dei sacerdoti.

Nessun altro rumore si udiva risuonare nelle ampie sale del tempio in quel mattino assolato di primavera: persino le rondini, impegnate a costruire i nidi, volavano silenziose.

Sembrava che niente o nessuno, a parte l’acqua che cadeva goccia a goccia nella vasca centrale, osasse rompere il silenzio, perché “qualcosa” stava accadendo, qualcosa per la quale tutte le creature avevano rispetto.
-Vieni qui, Lea, avvicinati. – Sussurrò Paern Maergoth, Maestro di Rituali del tempio delle stelle di Mishakal, nella capitale del caldo regno del Kuhr.

La sua mano tremava forte mentre la stendeva verso l’elfa accennando con le dita lunghe e ossute un gesto di richiamo, ma le mille rughe del suo viso d’ebano disegnavano un sorriso che emanava luce.

Gli occhi grigi come il ghiaccio di Lea smisero di fissare il pavimento con aria triste per guizzare in direzione del letto dove giaceva il corpo stanco del sacerdote. Con i modi vezzosi tipici della sua razza spostò i capelli neri dal viso e si fece vicino, raccogliendo amorevolmente la mano tremante che la chiamava.
-Maestro, non vi affaticate... – disse lei con voce dolce, mentre gli carezzava il capo.

-Non ti preoccupare, Leadril, figlia mia: Mishakal mi deve un po’di clemenza per averla servita tutta la vita e preserverà dalle braccia di Chemosh il mio corpo, prima che io abbia finito di salutarvi! –Esclamò Paern, trai tremiti della morte e quelli di una risata.

Il suo volto era sereno.

Un nomade del Kuhr alto e magro, con indosso una veste rossa ricamata di rune, versò l’acqua da una brocca e porse al vecchio una tazza, aiutandolo a bere .

Il suo volto era segnato dalle lacrime che sembravano averlo solcato per alcuni giorni e i suoi occhi emanavano una rassegnata tristezza.

–Yader, figliolo, ti prego di far allontanare gli altri: – Sussurrò il sacerdote all’uomo mentre il suo volto si fece serio– Devo rivelarvi qualcosa, prima di riposare in eterno: qualcosa che posso confidare solo ai miei figli. –

L’uomo con la veste rossa si accosto al più vicino dei molti sacerdoti raccolti in preghiera attorno al capezzale del Maestro e gli sussurò poche parole all’orecchio.

Egli si voltò verso di lui e fece un cenno d’assenso, poi si rivolse agli altri ed in breve Paern restò solo con Lea e Yader.

Con fatica il maestro si sorresse sulle braccia tremanti per sedersi, poi mise le mani sulle spalle dei due ragazzi e li guardò con aria grave, soffermandosi su Lea: – Figlia mia, è soprattutto a te che il mio cuore si rivolge – disse dopo aver preso fiato – Tu non lo ricordi, perché eri ancora una bambina, ma tua madre si rifugiò qui per qualche mese, prima di partire per il viaggio dal quale non fece ritorno. –

Tossì.
-Mia Madre?!Dunque non sono stata abbandonata alla ruota del tempio... – Trasalì Leadril sgranando gli occhi. Lo stesso stupore balenò negli occhi di Yader.

-No, Lea, tua madre non ti avrebbe mai abbandonato: lei ha rischiato la sua vita per salvarti.

A quel tempo ero giovane ed erravo per le terre di Ansalon offrendo i miei servigi ai bisognosi.

La incontrai tra le montagne vicino a Tarsis, spaurita come un uccellino e determinata come una tigre: correva a piedi nella pioggia, guardandosi indietro, con un fagotto avvolto nel suo mantello ... sembrava scappare e quasi mi sbattè addosso.

Gli dei vollero che capitasse sulla mia strada e che i suoi oscuri inseguitori incrociassero lo sguardo di Mishakal: pochi minuti dopo il nostro incontro, il terreno tremò per l’avvicinarsi di una dozzina di cavalli.

Su quelle cavalcature bardate da guerra, cavalieri avvolti da mantelli e cappucci neri inseguivano in silenzio, a spade sguainate tua madre e te, allora in fasce. – a queste parole le sopracciglia di Yader si aggrottarono in un espressione che faceva intendere l’aver intuito qualcosa, ma il vecchio non vi fece caso, avvolto dai ricordi e dalle emozioni.
Non sapevo chi fossero, ma non esitai un attimo a sbarrargli la strada ed essi furono costretti ad arretrare davanti al potere della Dea. – Il volto del vecchio si contrasse in una smorfia di disprezzo – E fu allora che, dal fondo delle loro file, si fece avanti un individuo in tutto simile agli altri, ma con in pugno un bastone d’argento, sormontato da una coda di scorpione nera. Non potevo vederlo in volto, ma lessi lostesso nei suoi occhi il disprezzo che nutriva per me.
Lo sentii mormorare, ebbi il tempo solo per pregare Mishakal di proteggermi, ma fui comunque investito da un gelo mortale.

Mentre cadevo a terra, vidi con l’ultimo sguardo le insegne stellate della Legione svettare dietro di loro, più in alto sulla collina, e capii che la Dea della Luce mi aveva ascoltato.

Paern ebbe un accesso di tosse più forte degli altri e l’uomo e l’elfa, istintivamente lo sorressero premurosi. Il nomade porse di nuovo al vecchio la tazza con l’acqua che egli afferrò convulso versandone gran parte a terra.
Non ho più molto tempo...– Disse rantolando e scostando la tazza da se – Lasciatemi finire: Tua madre, Leadril, mi rivelò che stava scappando da tuo padre.

Anche se non mi volle mai rivelare la sua identità, mi disse che era un membro importante della società di Qualinesti, del quale aveva scoperto cose che lo avrebbero reso un reietto.

Doveva aver capito di essere stato scoperto e così aveva organizzato un falso rapimento per liberarsi di lei, di te e ... di tuo fratello maggiore.

Driadeen, questo era il suo nome, era però riuscita a fuggire insieme a te sfruttando un dono della sua famiglia, un oggetto potente, che però ella aveva molte remore ad usare.

Le suggerii di seguirmi al tempio e di rifugiarsi lì, dove nessuno l’avrebbe trovata. Acconsentì e quattro Legionari accettarono di scortarci.

È così, che sei arrivata qui, Leadril...

Ma Driadreen non poteva riposare in pace: La ossessionava il pensiero di tuo fratello Ashel, che aveva dovuto lasciare nelle mani dei suoi carcerieri... sentiva che era vivo, diceva, e non poteva accettare di abbandonarlo.

Così convinse un sacerdote più anziano di me e due cavalieri della spada, in pellegrinaggio al tempio, a seguirla nel tentativo di tornare là a cercare il figlio.

Io ero troppo giovane per andare con loro e tua madre stessa reputò che l’impresa fosse troppo pericolosa per me, ma mi diede un compito: quello di crescerti se lei non fosse tornata.

E non tornò ne lei ne nessun altro. –

Le lacrime scendevano lente, ora sul volto del vecchio sacerdote.

–So, che un giorno tuo padre incrocierà nuovamente la tua strada, Leadril... sii pronta per quel momento. –Paern sorrise di un sorriso triste, prendendo il mento di Lea con la mano, un sorriso ricambiato dall’elfa, turbata da quel racconto inaspettato – Yader, figlio mio – Disse rivolgendosi al nomade – Considero questa ragazza come carne della mia carne, e so che anche tu gli sei legato come ad una sorella. Ti chiedo, in mia memoria, di essere al suo fianco quando te lo chiederà, qualunque sia il suo destino.

La tua strada è diversa dalla mia e dalla sua – Tossì – ma il tuo avanzare sui sentieri della magia mi rende fiero di te, perché so che non dimentichi che gli Dei ti sono vicini. –

Il nomade annui aggrottando le sopracciglia. Paern tossì forte.

– Venite qui, più vicino – Disse portandosi i visi dei due contro il petto e rivolgendo lo sguardo in alto – Mishakal, luce di Krinn, proteggi i passi di questi miei figli per le strade del mondo, polverose di male. – Poi, lentamente, gli occhi di Paern Maergoth, Maestro di Rituali del tempio delle stelle di Mishakal, si chiusero e la sua testa si abbasso.

Le rondini ricominciarono a stridere.

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